sabato 30 aprile 2011

ATTO IX - Turismo all'avventuriera

Un’altra stagione turistica alle porte con dubbi sui programmi, sulle scelte, con scarsità di novità e organizzazione. Tra la certezza ferma dei festivals di rock’n’roll e compleanni di rotonde a mare, ci si domanda come viene presentata l’offerta senigalliese al mondo. Con lo strumento più semplice e potente che la modernità ci offre. In un contorno di discutibili dettagli.


Se Dio vorrà tra pochi giorni arriverà effettivamente il caldo e successivamente partirà una nuova stagione turistica in città. S’incomincerà a parlare sempre più, con l’avvicinarsi dell’estate, della Notte Bianca della Rotonda, del Caterraduno e del Summer Jamboree, come se fossero le uniche attrazioni dell’anno senigalliese. E infatti lo sono, a giudicare dall’attenzione di cui gode il festival americano anni cinquanta oramai in tutti i trecentosessantacinque giorni. Pena per chi non piace il genere. E pena per chi non piace nemmeno le altre proposte minori (scacchi, burattini, sport associazionistico, burraco, organo, corali, arte, prodotti tipici).
La solita mancanza di "contenitori pubblici leggeri" per il divertimento giovanile provoca il classico vuoto senigalliese che d’estate fa trasformare la città in un ospizio.
Da un lato manifestazioni specifiche, precise, fisse ed indiscutibili, imposte con la forza della legge "mangi la minestra o salti dalla finestra" e col sigillo di garanzia del successo certo o paventato tale. Dall’altro un’entità sempre più vaga, fittizia, fantasmagorica, fatta di incertezze, dubbi, indecisioni, mancanza di prospettive e di organizzazione, chiamata turismo.
L’assenza totale di progettualità e innovazione nel settore ricettivo oramai è largamente risaputa tanto che nemmeno si comprende come la città viene proposta al mondo con quello strumento assai potente che la modernità oggi ci offre: internet.
Il sito web ufficiale curato dal Comune non può certo definirsi entusiasmante, attraente, coinvolgente.
Il nome non è affatto immediato: www.senigalliaturismo.it. Una home-page sintetizzata al massimo e poco accattivante. Pagine scarse di contenuti, di testi, di immagini.
Di quasi un centinaio di foto caricate, una trentina sono dedicate alla Rotonda e ai suoi particolari, come se la città fosse rappresentata quasi solo da tale monumento e i suoi festeggiamenti; un’altra trentina ai personaggi illustri, le restanti piuttosto vaghe, alcune delle quali addirittura di carattere provinciale e regionale.
Per esempio manca ben celebrata la protagonista: la Spiaggia di Velluto.
Gli scatti catturati non le fanno onore assolutamente: un nonno e due nipoti che giocano sulla sabbia, due ragazze in pattini al molo, una partita a bocce e una pallacanestro, due fidanzatini in poltrona con l’aperitivo, una cena privata di amici sulla riva.
Ciò sembra avvisare che a Senigallia si possono praticare solo queste attività. Ed infatti è così, vista la risaputa mancanza d’innovazione degli operatori del settore e la povertà di collaborazioni con le amministrazioni.
Ma degli arenili, quelli per il quale un’intera giunta municipale, un consiglio comunale e qualche commissione si sforzano da un anno per cambiarne il piano di regolamentazione, le cui novità previste non sono chiare nemmeno agli addetti ai lavori, tre foto di cui una a fine stagione con gli ombrelloni tutti chiusi e un’altra con una ventina di sdraio sparpagliate disordinatamente sulla riva.
Mancano una valida raccolta di immagini dell’Hotel Bagni ed un paio di righe sulla sua storia, forse l’unico vero e serio monumento al turismo. Proprio perché fu la prima struttura a fondarlo in città. Ma a giudicare dal silenzio complessivo sulla decisione delle amministrazioni comunale e provinciale di smantellarlo, rende perfettamente l’idea del perché non è così importante da essere incluso fra gli orgogli di Senigallia. A ricordare il tempo che fu, giusto qualche frettolosa scansione di scarsa qualità di vecchi manifesti.
Sarebbe allora interessante immaginare come potrebbe essere concepita Rimini senza il suo Grand Hotel.
Sul tanto celebrato nuovo porto appena una foto piccina con sei barche in fila. Anche perché a tutt’oggi non ci sono incrementi tali di traffici e servizi da fotografare.
Fa riflettere poi su come sia potuto accadere che una istituzione ufficiale come il Comune di Senigallia si sia persa l’opportunità di acquisire il dominio web di Senigallia.it, prelevato recentemente da altri operatori commerciali che ne hanno fatto un portale di promozione cittadina e reclame pubblicitaria che non ha nulla a che fare con l’ufficialità istituzionale, ma i visitatori non lo sanno.
La vera sorpresa, per così dire, però è sul sito del Comune, in alto a destra.
Fino a qualche anno fa si presentava tradotto in ben cinque lingue straniere: inglese, francese, tedesco, spagnolo, russo. Misteriosamente, da un po’ di tempo, ne sono scomparse quattro. Probabilmente mantenere qualche testo in più idiomi costava caro. Le alternative adesso sono due: o conosci l’italiano, o l’inglese…
Uno schiaffo culturale di non poco conto all’Unione Europea, quella stessa che spesso finanzia iniziative per far crescere città con opere ed eventi. Un benvenuto con tanto di cappello ai turisti stranieri che, guarda caso, da oltre un decennio latitano sulla Spiaggia di Velluto, come se ne fossero allergici.
E manco a farlo apposta, sugli altri siti internet non ufficiali, le traduzioni, almeno nelle principali lingue europee ci sono tutte.
Ma non c’è solo un evidente disinteresse istituzionale nel settore.
Da un veloce sondaggio sugli operatori risulterebbe in aumento il numero di alberghi stagionali che ritardano l’apertura ai primi di giugno.
Sull’aspetto occupazionale poi, buio totale. Il Centro per l’Impiego di Senigallia offriva nella prima metà di questo aprile ben due proposte di lavoro stagionale nel settore, in una città che vanta più di cinquecento attività estive tra alberghi, campeggi, ristoranti, stabilimenti balneari, bar, gelaterie, pizzerie. Paradossalmente, le offerte di lavoro nel turismo all’estero erano circa una settantina.
Singolare poi è il caso di una ragazza che, costretta quindi a mendicare presso ciascuna attività come da consuetudine locale quei tre mesi anche da lavapiatti, quando si è recata presso una delle maggiori strutture a quattro stelle, ha incontrato dall’esterno un bulldog inferocito libero dietro la porta scorrevole automatica e una figura umana tra i riflessi dei vetri che non si è preoccupata minimamente di interessarsi della visita o di spostare la bestia dall’uscio. E se fosse stata una eventuale cliente in tentativo di prenotare un soggiorno?
E nel comparto degli affitti stagionali, ancora una volta dopo decenni e decenni non si saprà con certezza quante persone verranno accolte negli ottomila appartamenti estivi disponibili e quanti introiti entreranno nelle casse del fisco per mezzo di questa attività.

Insomma, ci si accinge a trascorrere un’altra stagione turistica dove l’unica certezza sono quei tre-quattro eventi celebrati in aria di santità che fanno elevare i dati delle presenze per pochi giorni falsando le statistiche dell’intera stagione.
Tutto il resto è avventura. Come sempre.




Fonti:
-stampa locale
-www.senigalliaturismo.it
-www.senigallia.it
-www.istruzioneformazionelavoro.it
-Centro per l’Impiego e la Formazione di Senigallia
-indagini e interviste varie

















































FUORI PROGRAMMA 36 - Grande concorso a premi: indovina qual'è la buca più grande a Senigallia

Chissà perché, ironia della sorte, dove sono state decise le più grandi opere di riqualificazione persino il semplice manto stradale cede nel nulla. Mettendo alla luce quanto sia diventata fragile la città sempre più patinata in superficie. Segno che i grandi progetti imposti col pugno di ferro forse servono, ma probabilmente risolvono poco. O che, nel frattempo, tra il dire, il fare ed il fantasticare si sia perso veramente di mano il controllo. Con la speranza effettiva che non capiti mai qualche sciagura.



Giovedì diciassette marzo, centocinquantesimo anniversario dell’Unità d’Italia. Nel tardo pomeriggio, una buca di circa trenta centimetri per trenta si apre al cielo nel mezzo del selciato di via Pisacane, durante il passaggio di una autovettura. Fortunatamente nessun danno a persone o cose.

La stampa locale ne dà notizia.

Due giorni dopo un’altra. Nella prima nottata di sabato diciannove, nell’intersezione tra via XX settembre e via Rodi un nuovo cedimento strutturale di circa un metro quadrato fa sprofondare di oltre tre palmi nel vuoto il materiale superficiale del manto stradale creando una apertura.

Anche in questo caso i quotidiani colgono spunto per segnalarlo, sembra su suggerimento di un comune passante.

Poco tempo ancora e tocca stavolta in via Grosseto, esattamente sul marciapiede opposto a lato dell’area rasa al suolo delle ex-Colonie Enel, nei pressi del piccolo sottopassaggio ferroviario. Qui, date le dimensioni piuttosto preoccupanti, si vede perfettamente il collettore fognario in cemento assolutamente ceduto. Inutile affermare che poteva accadere anche qualche sinistro evento nel momento del cedimento. La voragine, tale è, misura circa un metro e quaranta per più di due metri e dieci e presenta una profondità di oltre un metro e mezzo.

Ma stavolta non passa sotto i riflettori della stampa forse perché la zona è veramente poco trafficata in questo periodo, priva di abitazioni e con attività chiuse.

Sicuramente si attribuiranno le colpe alle piogge del mese scorso.

Sta di fatto però che se in superficie la città s’appresta a vestire rose e fiori, nel sottosuolo si prospetta sempre più una situazione ben poco rassicurante.

Ne mancherebbe qualcun’altra da segnalare, poi ci si potrebbe fare un concorso a premi.


Per la vincita si potrebbe offrire in regalo al fortunato anche una benedizione ad hoc in una parrocchia cittadina a scelta.

Per proteggersi da una eventuale rovinosa caduta o dal mettere la mano al portafoglio.



















FUORI PROGRAMMA 35 - Scusi, ma questa è Piazza Saffi?

Quando si ritorna da un lungo viaggio ci si aspetta per lo meno di ritrovare quei luoghi pubblici tanto cari ed abitudinari esattamente come sono stati lasciati prima della partenza. Ma l’Italia, si sa, è anche il paese delle mille sorprese. E allora può capitare al rientro di non riconoscere più nemmeno intorno a casa e di rischiare pure una multa salata.



Ditemi a chi non piace ritornare da un lungo viaggio e ritrovare quei luoghi cari ed abitudinari della propria città. Ditemi a chi non piace raggiungere questi posti nella stessa maniera di sempre. Ditemi a chi non piace rivivere quelle consuetudini quotidiane nella propria località fatte di piccole cose: il caffè o l’aperitivo al bar, il pacchetto di sigarette, il vassoietto delle paste, i tre etti di sardoncini, la piccola commissione veloce, quattro chiacchiere con gli amici.
Se però, tutto d’un tratto, per volere dall’alto, ci si accorge che in quelle zone sono cambiate molte cose e ciò che era comune diventa oramai quasi impossibile bisogna rassegnarsi per l’ennesima volta e sopportare il “callo”.

E’ il caso dell’entrata di Piazza Saffi, la più bella porta del centro storico di Senigallia, il benvenuto alla cittadella vecchia, la bocca della cultura, dei mestieri, delle attività, della tradizione e dell’istituzionalità, ridotta ad un accesso di un cantiere della Complanare.

Tant’è che risulta praticamente irriconoscibile.

Ai lati della già piccola imboccatura due marciapiedi esagerati, uno dei quali in piena esecuzione con i lavori in corso, ricoperti di pietre a vista, stile grandi viali metropolitani. La parola d’ordine da qualche anno a questa parte è infatti una sola: pedonalizzare…tutto e senza misura. Anche i marciapiedi stessi.

Una metà della già esigua sede stradale rimanente viene occupata da due pedane giganti e perennicon sedie e ombrelloni per la clientela dei bar a fianco. In stile per nulla classico e non propriamente addicente ad un centro storico. Prendere il caffè alle otto di mattina di gennaio, in poltroncina, sul palco rialzato, fa sicuramente molto chic, o meglio ancora l’aperitivo alle sette di sera, e dona particolarmente al piano di riqualificazione settecentesco del centro storico, specialmente alla voce “presenza di consumatori semi-congelati”. Alla faccia proprio di quel progetto che prende il nome dell’architetto Cervellati, voluto col pugno di ferro dalla stessa amministrazione, ma che risulta a tutt’oggi incomprensibile proprio perché disapplicato anche in quelle situazioni più semplici da modificare.

Ora, rimangono circa sette metri lineari di sede stradale percorribile per entrare/uscire, quattro dei quali sono spesso ostruiti da transenne mobili riportanti le nuove disposizioni della zona a traffico limitato. Persino in sella ad una bicicletta risulterebbe difficile transitarvi visto l’esiguo spazio rimanente e utilizzato anche da passanti che sembrano più che altro operai sull’uscio di una fabbrica.

La segnaletica poi è sicuramente molto chiara.

Due dischi sulle balaustre indicano senza mezzi termini divieto di transito per tutti. Ma a lato s’erge fra le siepi contornanti le pedane un palo con: divieto di transito generico per zona a traffico limitato ad eccezione delle categorie autorizzate, tra cui compare anche quella del carico/scarico consentitacome parcheggio a disco orario in orari ben definiti. Ora bisognerebbe capire da quando in qua una operazione di carico/scarico viene concepita come parcheggio a disco orario. Altra novità degli ultimi tempi, forse...

In ogni modo, vista l’impossibilità per i corrieri di entrare nella “città proibita” dopo le ore dieci del mattino ecco la risoluzione: l’imboccatura della piazza diventa uno scalo merci a tutti gli effetti. I pochissimi metri quadrati utili al passaggio vengono già saturati da tre-quattro furgoni e il transito da e per il centro storico, anche ciclo-pedonale, va in subbuglio.

Chi non è ancora abituato e a conoscenza delle ultime norme, vedi mancanza in città per lungo tempo, si potrebbe ritrovare a svoltare con una certa sicurezza da Viale Leopardi per entrare in piazza, abituato alla vecchia viabilità. Di conseguenza incapperebbe in una inchiodata di freni davanti al divieto e inversione rimediata in mezzo al traffico delle ore di punta.
Se non bastasse tutto ciò
ecco allora anche i lavori di riqualificazione dei giardini catalani.
Qui il marciapiede di contorno era stato rinnovato recentemente dopo anni di cedimenti e usura. Non si poteva dunque attendere un pochino ancora i nuovi lavori generali. Bisognava assolutamente fare un battuto d’asfalto da distruggere poi qualche mese più tardi una seconda volta.
Per la realizzazione di questa serie di opere è stato ovviamente necessario ricoprire tutta l’area con classiche transenne cantieristiche, dall’angolo del teatro di Via Pisacane all’entrata di Piazza Saffi. Senza accennare poi nulla al parziale abbattimento dei pini secolari per ridare luce alle mura storiche.

Non fosse ancora sufficiente ecco l’arguzia, il colpo d’ingegno nostrano, quel pizzico di insana iniziativa che rende la mente italiana famosa in tutto il mondo.

Nella oramai già tetra imboccatura di Piazza Saffi, qualcuno ha ben pensato di porre pure sui parapetti dei lavori il tabellone degli annunci funebri che era lungo Viale Leopardi.

Ora il quadretto è veramente idilliaco. Provare per credere!

Scattare una foto di Piazza Saffi da Largo Puccini ed inviarla agli amici con scritto: saluti da Senigallia.























L'agenda politica senigalliese? La detto io dalla Bolivia...

Mi trovavo a circa dodicimila chilometri di distanza dalla Spiaggia di Velluto lo scorso febbraio, quando all’improvviso mi sono accorto di una serie di coincidenze, ironia della sorte, troppo lontane dalla semplice casualità.

Avendo come unico strumento di contatto con il mondo esterno un computer affittato ad ore ed una connessione ad Internet, quotidianamente dedicavo un pochino della mia giornata anche alla ricerca di notizie sugli eventi legati ai miei luoghi, offerte ovviamente dai giornali on-line.

In alcuni casi mi permettevo pure di entrare nei dibattiti con la formula del commento prevista proprio su questo genere di quotidiani cittadini.

Il giorno ventitre febbraio, per esempio, leggendo un comunicato stampa di Enrico Rimini e Alessandro Cicconi Massi, consiglieri PDL, circa le interrogazioni presentate in consiglio sui dubbi legati all’ennesima nuova viabilità e relativi divieti imposti, mi domandavo postando una nota in fondo se a guidare le attività dell’intero gruppo fossero solo due persone e perché non comparissero mai altri eletti neppure una volta l’anno con un semplice pensiero sulla città.

Mi riferivo specialmente a quel rappresentante con più preferenze in assoluto ottenute nell’ultima tornata elettorale: Gabriele Cameruccio.

Ecco allora che il giorno due marzo, prima uscita pubblica del partito successiva al fatto, veniva indetta una conferenza stampa del Popolo della Libertà con proprio il consigliere Cameruccio al centro del tavolo dei relatori che spiegava le ragioni del no e le proposte del suo gruppo, che nel frattempo rimaneva silenzioso ai lati.

Il nove marzo il consigliere Mario Fiore di Vivi Senigallia, interveniva ancora sulla stampa su una comune scazzottata avvenuta all’esterno della nota discoteca Mamamia, come se dalla notte dei tempi, fuori dai locali di tutto il mondo non fosse mai accaduto un avvenimento di tale portata.

L’articolo autoredatto e alquanto vago si presentava infatti con il seguente interrogativo: “perché succedono questi fatti?”

Un commentatore misterioso si domandava allora circa l’utilità e le potenzialità del ruolo del consigliere comunale in tali situazioni: se tentare di risolvere qualche problema o adagiarsi a scrivere vuoti comunicati. Ed io replicavo dalla Bolivia al commentatore affermando che il consigliere comunale o politico cittadino dovrebbe coinvolgere i colleghi e convocare i gestori delle attività in questione per intraprendere una conversazione anche informale individuando cause ed eventuali rimedi.

Stessa cosa avrebbe potuto fare un’amministrazione comunale anche per mezzo dei suoi assessori.

Coglievo anche l’occasione per criticare l’apparizione quasi quotidiana sui giornali di una certa parte di politica senigalliese con articoli sterili ed incomprensibili atti solamente a creare visibilità per il soggetto di turno, nonchè la pessima scelta del nome, la mancanza di basi e l’infruttuosità del programma comunale Sballo Positivo per un tentativo di recupero giovanile.

E appena due giorni più tardi, riecco Fiore sulla stampa locale: “In seguito all’intervento (quale? il mio?) ho avuto modo di discutere con tante persone che mi hanno contattato seriamente sul problema che ha caratterizzato la chiusura del Mamamia di Senigallia. Il mio intervento era incentrato proprio nel sollevare la questione e far partecipare il più possibile la gente su un problema che corre il rischio di essere solamente sottovalutato. (…) Ho potuto constatare diversi punti di vista. Infatti il ruolo di ogni consigliere di maggioranza è proprio quello di far crescere la città insieme all’Amministrazione, portando al centro dell’attenzione le difficoltà per poter muoversi all’interno delle istituzioni e cercare di risolverle, con l’aiuto di tutti e con il dialogo. (…) A tal proposito ecco alcune proposte che si potrebbero mettere in campo per risolvere il problema o quanto meno arginarlo. Occorre per principio partire con una campagna di sensibilizzazione e informazione nei giovani, (…) è opportuno mettere regole più rigide per i locali e discoteche, (…) creare un dialogo formativo con i gestori in modo da poter rendere più sicuri questi luoghi, (…) cercare di coinvolgere il più possibile i giovani con spettacoli, concerti e altre iniziative create magari da loro stessi in collaborazione con il Comune. Proprio quest’ultima cosa è il principio di “Sballo positivo” che, in collaborazione con i vigili, cerca di sensibilizzare i giovani rendendoli partecipi verso iniziative positive. Proprio in questo ambito l’iniziativa, promossa dall’Assessore Campanile, sta dando i suoi frutti. E’ opportuno affrontare il problema dalla base (…)”

Rientrato invece in Italia da poche ore, tentavo di partecipare su suggerimento di un amico alla famosa “selezione per un esperto in accoglienza turistica” indetta dal Comune. La presentazione delle domande di partecipazione scadeva il giorno dieci. Essendo stato avvisato all’ultimo momento, visionavo il bando in estremo ritardo nella notte tra il giorno nove e dieci e mi accorgevo che le richieste incluse erano piuttosto strane: lauree in legge, economia, scienze politiche, esperienze nel settore turistico assolutamente facoltative e non indispensabili, scelta e nomina diretta del sindaco da una rosa di nomi estrapolati dai curricula presentati, assenza di prove o esami, colloqui conoscitivi assolutamente facoltativi. Il giorno dieci chiedevo allora un parere all’avvocato Roberto Paradisi, sia in qualità di legale, sia in qualità di consigliere, sia in qualità di politico cittadino che da sempre si distingue nella trattazione di casi simili.

Dopo l’uscita pubblica e solitaria di Paradisi sul caso ecco l’improvviso risveglio dalla sonnolenza di quasi tutti gli altri dell’opposizione, fatta eccezione dei soliti tre, quattro, che trovandosi in uno stato di coma irreversibile, persino in campagna elettorale, continuano a non dare segni di vita.

Ecco allora seguire Rimini sulla vicenda, poi Rebecchini, Mancini, Battisti, poi Marcantoni e Pazzani, uniti in un secondo momento a Paradisi, poi ancora Mancini, Battisti, Rebecchini.

Insomma, prima del mio rientro dall’estero nessuno si era accorto di un bando pubblico alquanto strano.

Nessuno dalla politica.

Nessuno dalla città.

Nemmeno i partecipanti stessi alla selezione.

La maggioranza non la citiamo neppure. Potrebbe essere sostituita direttamente da pupazzi di gomma.

Immaginatevi la sorpresa, ma anche la delusione, quando me ne sono reso conto: Senigallia, una cittadina con quarantacinquemila abitanti residenti, i dibattiti politici della quale vengono condizionati da un individuo, quasi sconosciuto, via Internet, e dall’altro lato del pianeta.

domenica 3 aprile 2011

FUORI PROGRAMMA 34 - 900 milioni di Euro: quando la ricostruzione costa più della prevenzione

Bilancio alluvione marchigiana praticamente certo. Conteggi completati e campanelli romani già suonati. Tutto ciò per non aver tenuto sotto controllo quattro, cinque fiumi di modesta grandezza, torrentelli e fossi vicinali. E per aver lasciato costruire dove magari era meglio evitare. Quando Regione, Province e Comuni si occupano di grandi eventi scenici e opere faraoniche. Ma perdono l’amministrazione spicciola del proprio territorio.


Dopo la lunga lista delle tragedie naturali avvenute in quasi tutte le regioni d’Italia in questo ultimo decennio stavolta è toccata alle Marche.
Ciò ha ovviamente dimostrato ipotesi largamente paventate e le ha trasformate in teorie: che nessun territorio della penisola è immune dai disastri ambientali e che è evidente un certo lassismo nell’amministrazione materiale delle aree locali, sono oramai prove certe.
Per affermare ciò non necessitano studi particolari: è sufficiente seguire la stampa e osservare con attenzione intorno a se stessi durante la quotidianità di tutti i giorni.
Scelte, impegni, sforzi e politiche ben distanti dalle esigenze della popolazione residente e marcato disinteresse per il miglioramento della vita giornaliera della gente comune.
Una sindrome che colpisce davvero tutte le amministrazioni locali, di ogni colore e bandiera, di ogni livello e grado e le porta ad adoperarsi per ogni altra cosa meno quelle assolutamente necessarie.
A sovrintendere sopra tutto e tutti dopo il governo nazionale ci sarebbero le regioni come quella delle Marche. In realtà, grandi spot pubblicitari a parte, sembra neppure esista. Per lo meno così la percepisce il cittadino comune che si sveglia alle sette tutti i giorni per essere sul posto di lavoro alle otto.
Nessun progetto certo per la difesa integrale della costa e del sistema fluviale regionale.
Poi però in questi anni sono piovute e già state spese decine e decine di milioni di Euro per allargare e rimodernare tutti i porticcioli marchigiani già esistenti. Come se il teatro di tutti i trasporti marittimi adriatici dovesse accadere solo da Pesaro a San Benedetto del Tronto. E nel frattempo decine di chilometri di spiagge libere scompaiono nel nulla ogni anno che passa.
Opere idilliache, come l’aeroporto di Falconara dove sono state consumate grandi risorse economiche per allargare esageratamente una struttura esistente quando il mercato dei voli e delle rotte era già stato spartito dagli altri scali vicini. Terminals giganteschi, parcheggi nuovi ogni dove e persino un lussuoso albergo in costruzione praticamente adiacente. Per mantenere brillante la magnificente impresa sono stati addirittura cacciati con una miriade di divieti stradali i radi appassionati che passavano qualche pomeriggio ad osservare silenziosamente i velivoli dall’esterno.
La conseguenza è stata palese.
Spazi enormi vuoti, piazzali e piste spoglie, operazioni di volo quasi come vent’anni fa.
Per la smania di rappresentare l’immagine di una regione compatta, forte, nuova, da dimostrare al mondo lo scalo aereo è stato persino ribattezzato. Probabilmente Raffaello Sanzio non era sufficientemente autorevole per rappresentare il rinnovato e grande hub de’noaltri e allora è stato nominato “Aeroporto delle Marche”. Poi però, capita poco dopo, che un’intera vallata di sette comuni dell’interno pesarese decide in un solo fine settimana di passare all’Emilia Romagna con un referendum perché non si sentono marchigiani oppure che la provincia di Fermo sarebbe disposta a difendere il suo neonato ente persino con i denti e contro tutti, quando non avrebbe neppure ragione esistere. Guarda caso, la maggior parte dei danni alluvionali di questa occasione si sono verificati proprio lì, dove ora esiste un ulteriore organismo atto a governare il territorio. Dopo le venti, se non ci sono voli in ritardo o charter estivi, giù le saracinesche degli esercizi e dei servizi. Può capitare di arrivare con il volo da Roma alle ventidue e trenta in una serata di pieno inverno con temperature polari, vento e pioggia. Il terminal è spoglio. Ad attendere i passeggeri un paio di scarica-valige e un finanziere per i controlli di rito. E varcata la soglia della zona voli vuoto quasi assoluto a parte una quarantina di passeggeri appena arrivati e abbandonati a se stessi che si aggrappano al cellulare. Può succedere infatti che fuori il terminal non sia presente né un autobus, né un treno, né un taxi. L’unico rimedio, se sei fortunato e del posto, è rintracciare amici o parenti. Ma se diluvia non possono comunque avvicinarsi all’edificio con l’auto per caricare i bagagli poiché una sbarra impedisce l’accesso ai privati. E paradossalmente non lo possono fare nemmeno di notte quando l’aeroporto è praticamente vuoto e assente da ogni traffico. La politica scansa abilmente da anni questo insuccesso. Neppure l’opposizione sembra conoscerlo. Intanto denaro a fiumi continua ad essere investito in opere inutili. Giorni fa il governatore si è appellato al buonsenso del Ministro dell’Interno affinchè comprenda tutti i cicli di votazioni della primavera duemilaundici in una sola giornata elettorale per risparmiare quei fatidici trecentocinquantamilioni di Euro utili per le zone alluvionate marchigiane. E il governo a tutt’oggi fa orecchie da mercante.
Province sempre in pompa magna sugli organi di stampa quando si tratta di convegni, meetings, seminari, commemorazioni nazionali ed internazionali, ma lontane anni luce da esigenze della cittadinanza. Per non definirle assolutamente inutili.
Non mancano mai a presenziare i tavoli dei relatori, le celebrazioni, le inaugurazioni. Patrocinano di tutto: dall’imprenditoria al teatro, dai tirocini formativi alle opere pubbliche realizzate interamente da altri. Il residente sente la presenza di tale istituzione solo quando vede rattoppare dopo anni d’attesa il manto della vicina strada dove abita, che attraversando vari comuni viene definita pertanto “provinciale” ed è di competenza dell’ente, oppure quando deve richiedere l’autorizzazione al passo carrabile se si affaccia col cancello di casa su una via del genere.
Sono eventualmente utili da sfruttare se offrono qualcosa in regalo: un corso gratuito pagato dal Fondo Sociale Europeo, un sostegno a qualche ristrettissima categoria femminile in stato di gravidanza, un portachiavi o una penna dei Centri per l’Impiego.
Ogni tanto può capitare di vedere in giro una autovettura del proprio corpo di polizia (Polizia Provinciale) che vigila il territorio.
Memorabile fu la risposta di un amministratore di tale ente quando, chiamato in causa dal sindaco di un comune del comprensorio che si vide perdere la spiaggia dall’erosione nel giro di poche ore, rispose che la sua istituzione non era competente al caso se non per transennare la strada del lungomare che franava in acqua. Poi, pochi mesi più tardi il suo presidente interveniva all’inaugurazione di un porto dei sopraccitati a otto chilometri di distanza, riconoscendo l’impegno della sua amministrazione nella realizzazione dell’infrastruttura.
I comuni sono certamente un altro gruppo che si dichiarano esenti da responsabilità in caso di eventi disastrosi del genere. Anche quando autorizzano a edificare per la fame d’interessi in aree dove sarebbe meglio evitare. Oppure tralasciano come tutti gli altri enti il mero governo del territorio per discutere di proposte abbaglianti e incredibili. Nel comprensorio anconetano Senigallia è diventata oramai ben nota per la sua messa a progetto di una serie di opere cinematografiche. Approvate con l’imbuto in meno di tre anni e con dibattiti minimi spesso a decisioni già prese, non hanno ancora nemmeno dato tempo alla cittadinanza di comprendere di che cosa si stia parlando. Porti nuovi (grazie a quelle disposizioni regionali), alberghi a cinque stelle, superstrade, modifiche alla fisionomia dello storico lungomare, nuova viabilità generale, nuovi piani particolareggiati del centro storico, nuovi quartieri edificati, patinate resorts, grandi identità storiche e sociali rimosse o distrutte, nuove demolizioni e nuove costruzioni. Un giro di finanze sul campo senza pari per la Spiaggia di Velluto. E dopo anni di impegni per realizzare solamente scenografie holliwoodiane ora ci si accorge che cedono le condutture sotterranee delle vie del centro e si aprono buchi a cielo aperto sul manto stradale. Quando capita l’alluvione, invece, il giorno dopo spuntano cittadini residenti danneggiati che si domandano perché torrenti e fossi vicino casa da anni sono abbandonati a se stessi. Ecco allora che alle polemiche legate alla mancanza di manutenzione dei corsi d’acqua sul territorio il Comune di Senigallia risponde precisando che i fiumi sono di esclusiva competenza dell’“Unità di Bacino”.
E’ proprio il caso di dirlo: prove tecniche di federalismo.

FUORI PROGRAMMA 33 - Stato italiano: se ci sei...batti un colpo!

Sentite questa che vi racconto a bruciapelo tralasciando per una volta tutti i canoni del giornalismo. Sono di recente ritorno da un viaggio di carattere familiare-personale nel Brasile amazzonico. Durante il mio soggiorno in quel paese ho tentato di aprire un conto di supporto in banca per ogni evenienza.
Non sforzate la mente per interrogarvi sul motivo della mia necessità di avere un conto corrente estero…Vi risparmio io la fatica ed il dolore alle meningi, ve lo dico subito: per una eventuale e sempre più probabile fuga dalla mia nazione d’origine.
Nell’agenzia del Banco do Brasil di Epitaciolandia, piccolo paesino di carattere rurale con appena tredicimila anime al confine con la Bolivia, il locale è sempre pieno e gli impiegati, che pur sono una decina, non riescono più a gestire tutta la mole di lavoro. Oberati di mansioni, non vedono l’ora dell’apertura di un’altra filiale nella vicina Brasileia che viene promessa da tempo ma in realtà nessuno sa quando avverrà.
Questa è stata la prima ragione per il quale il direttore mi ha negato la disponibilità.
In realtà è la più piccola ed insignificante.
Purtroppo non possedendo ancora la documentazione brasiliana che mi consentirebbe di poter accedere in qualità di cittadino a tutti i servizi, alle funzioni e alle attività che quel paese offre, come del resto funziona in ogni stato del pianeta: residenza, CPF (codice fiscale), ecc., sarei legalmente (ed ovviamente) impossibilitato ad interfacciarmi con la nazione stessa.
Dunque ecco un altro motivo che non mi ha permesso di diventare cliente/utente della banca.
Giustissimo, per carità! Un turista, come infatti sono stato, straniero in permanenza temporanea, non può avere gli stessi diritti dei cittadini autoctoni.
E fin qui nulla di particolare.
Ma ora arriva il bello.
Il gérente della filiale mi ha fatto presente che sorge anche un altro vincolo. Per aprire il conto, il titolare deve predisporre pure di una comprovante di renda…Avete capito bene anche senza traduzione! La legge brasiliana per accedere ai servizi bancari è molto chiara. Obbliga chiunque di dimostrare la propria provenienza del denaro: se non possiedi un lavoro con contratto o una attività o proprietà che frutta incassi leciti e registrati per te le banche non esistono. Ovviamente per evitare il riciclaggio di fondi provenienti dalla malavita.
Immediatamente mi è venuta allora in mente la situazione del mio paese.
In Italia i transessuali brasiliani vivono da anni non si sa con quali documenti. Il permesso di soggiorno può essere rilasciato solo per motivi familiari (quale famiglia hanno qui?), lavoro (quale professione regolare esercitano?), motivi sanitari (per quali cure irrinunciabili si trovano qui?), motivi religiosi (per quale religione sono venuti?), studio (quali studi praticano?) o per ragioni politiche (di quali persecuzioni politiche sono vittime?). Da anni si prostituiscono in strada e in appartamenti con il veto apparente di una serie di leggi scorreggia. Da anni vendono il proprio deretano ovviamente illegalmente sul suolo italiano, ma in fondo essendo di loro proprietà, è inutile parlarne. Da anni possiedono immobili, auto lussuose e fuori serie che cambiano con una frequenza semestrale. Da anni sono titolari di conti correnti in varie banche del territorio. Da anni si presentano tutti i giorni in tarda mattinata all’ufficio postale di una frazione del comprensorio locale versando somme con banconote di piccolo taglio. Tant’è che tempo fa durante l’attesa alle file degli sportelli si riuscì ad ascoltare una telefonata di una impiegata alla direzione provinciale per chiedere come gestire la registrazione di un conto corrente alla voce “mestiere” di una colombiana che a detta dell’impiegata stessa batteva.
Ma niente paura…come avrete ben capito, in questo campo lo Stato italiano è talmente presente, vigile, forte, autoritario…che non sa addirittura neppure dove cominciare.
E’ stata una scelta dura e patita ma alla fine S.E. la Repubblica Italiana ha optato per il meglio: chiudiamo un occhio…anzi tutti e due…
Il risultato è stato evidente: illegalità e criminalità concessa in tutte le sfaccettature immaginabili. Evasione fiscale, estorsione, ricatto, sfruttamento della prostituzione, e chi più ne ha più ne metta…
Dopo aver seguito il filo logico di questa semplice esperienza narrata potete immaginarvi in quale maniera sono uscito dalla quella banca e ritornato a casa quel giorno.
Sono state ore di raiva total (rabbia totale) fino alla mattina successiva.
Ma non con il paese che mi stava ospitando…bensì col mio che permette tutto ciò.
Nonostante i diecimiladuecentotrenta chilometri di distanza il paradosso infinito giuridico-amministrativo italiano circondato dall’onnipotenza e dalla prepotenza delle stampelle dei novantenni, delle caste, dei colletti bianchi, degli ermellini, dei troni e delle sale regali delle istituzioni ha colpito e colpisce ancora, persino in maniera indiretta sull’altro lato del pianeta.
Non mi sarei mai immaginato di dovermi incazzare pure all’estero per colpa del mio paese d’origine.
Eppure è successo.