










quasi tutto quello che non vi vogliono dire su Senigallia e dintorni...
Chissà perché, ironia della sorte, dove sono state decise le più grandi opere di riqualificazione persino il semplice manto stradale cede nel nulla. Mettendo alla luce quanto sia diventata fragile la città sempre più patinata in superficie. Segno che i grandi progetti imposti col pugno di ferro forse servono, ma probabilmente risolvono poco. O che, nel frattempo, tra il dire, il fare ed il fantasticare si sia perso veramente di mano il controllo. Con la speranza effettiva che non capiti mai qualche sciagura.
Giovedì diciassette marzo, centocinquantesimo anniversario dell’Unità d’Italia. Nel tardo pomeriggio, una buca di circa trenta centimetri per trenta si apre al cielo nel mezzo del selciato di via Pisacane, durante il passaggio di una autovettura. Fortunatamente nessun danno a persone o cose.
La stampa locale ne dà notizia.
Due giorni dopo un’altra. Nella prima nottata di sabato diciannove, nell’intersezione tra via XX settembre e via Rodi un nuovo cedimento strutturale di circa un metro quadrato fa sprofondare di oltre tre palmi nel vuoto il materiale superficiale del manto stradale creando una apertura.
Anche in questo caso i quotidiani colgono spunto per segnalarlo, sembra su suggerimento di un comune passante.
Poco tempo ancora e tocca stavolta in via Grosseto, esattamente sul marciapiede opposto a lato dell’area rasa al suolo delle ex-Colonie Enel, nei pressi del piccolo sottopassaggio ferroviario. Qui, date le dimensioni piuttosto preoccupanti, si vede perfettamente il collettore fognario in cemento assolutamente ceduto. Inutile affermare che poteva accadere anche qualche sinistro evento nel momento del cedimento. La voragine, tale è, misura circa un metro e quaranta per più di due metri e dieci e presenta una profondità di oltre un metro e mezzo.
Ma stavolta non passa sotto i riflettori della stampa forse perché la zona è veramente poco trafficata in questo periodo, priva di abitazioni e con attività chiuse.
Sicuramente si attribuiranno le colpe alle piogge del mese scorso.
Sta di fatto però che se in superficie la città s’appresta a vestire rose e fiori, nel sottosuolo si prospetta sempre più una situazione ben poco rassicurante.
Ne mancherebbe qualcun’altra da segnalare, poi ci si potrebbe fare un concorso a premi.
Per la vincita si potrebbe offrire in regalo al fortunato anche una benedizione ad hoc in una parrocchia cittadina a scelta.
Quando si ritorna da un lungo viaggio ci si aspetta per lo meno di ritrovare quei luoghi pubblici tanto cari ed abitudinari esattamente come sono stati lasciati prima della partenza. Ma l’Italia, si sa, è anche il paese delle mille sorprese. E allora può capitare al rientro di non riconoscere più nemmeno intorno a casa e di rischiare pure una multa salata.
Ditemi a chi non piace ritornare da un lungo viaggio e ritrovare quei luoghi cari ed abitudinari della propria città. Ditemi a chi non piace raggiungere questi posti nella stessa maniera di sempre. Ditemi a chi non piace rivivere quelle consuetudini quotidiane nella propria località fatte di piccole cose: il caffè o l’aperitivo al bar, il pacchetto di sigarette, il vassoietto delle paste, i tre etti di sardoncini, la piccola commissione veloce, quattro chiacchiere con gli amici.
Se però, tutto d’un tratto, per volere dall’alto, ci si accorge che in quelle zone sono cambiate molte cose e ciò che era comune diventa oramai quasi impossibile bisogna rassegnarsi per l’ennesima volta e sopportare il “callo”.
E’ il caso dell’entrata di Piazza Saffi, la più bella porta del centro storico di Senigallia, il benvenuto alla cittadella vecchia, la bocca della cultura, dei mestieri, delle attività, della tradizione e dell’istituzionalità, ridotta ad un accesso di un cantiere della Complanare.
Tant’è che risulta praticamente irriconoscibile.
Ai lati della già piccola imboccatura due marciapiedi esagerati, uno dei quali in piena esecuzione con i lavori in corso, ricoperti di pietre a vista, stile grandi viali metropolitani. La parola d’ordine da qualche anno a questa parte è infatti una sola: pedonalizzare…tutto e senza misura. Anche i marciapiedi stessi.
Una metà della già esigua sede stradale rimanente viene occupata da due pedane giganti e perennicon sedie e ombrelloni per la clientela dei bar a fianco. In stile per nulla classico e non propriamente addicente ad un centro storico. Prendere il caffè alle otto di mattina di gennaio, in poltroncina, sul palco rialzato, fa sicuramente molto chic, o meglio ancora l’aperitivo alle sette di sera, e dona particolarmente al piano di riqualificazione settecentesco del centro storico, specialmente alla voce “presenza di consumatori semi-congelati”. Alla faccia proprio di quel progetto che prende il nome dell’architetto Cervellati, voluto col pugno di ferro dalla stessa amministrazione, ma che risulta a tutt’oggi incomprensibile proprio perché disapplicato anche in quelle situazioni più semplici da modificare.
Ora, rimangono circa sette metri lineari di sede stradale percorribile per entrare/uscire, quattro dei quali sono spesso ostruiti da transenne mobili riportanti le nuove disposizioni della zona a traffico limitato. Persino in sella ad una bicicletta risulterebbe difficile transitarvi visto l’esiguo spazio rimanente e utilizzato anche da passanti che sembrano più che altro operai sull’uscio di una fabbrica.
La segnaletica poi è sicuramente molto chiara.
Due dischi sulle balaustre indicano senza mezzi termini divieto di transito per tutti. Ma a lato s’erge fra le siepi contornanti le pedane un palo con: divieto di transito generico per zona a traffico limitato ad eccezione delle categorie autorizzate, tra cui compare anche quella del carico/scarico consentitacome parcheggio a disco orario in orari ben definiti. Ora bisognerebbe capire da quando in qua una operazione di carico/scarico viene concepita come parcheggio a disco orario. Altra novità degli ultimi tempi, forse...
In ogni modo, vista l’impossibilità per i corrieri di entrare nella “città proibita” dopo le ore dieci del mattino ecco la risoluzione: l’imboccatura della piazza diventa uno scalo merci a tutti gli effetti. I pochissimi metri quadrati utili al passaggio vengono già saturati da tre-quattro furgoni e il transito da e per il centro storico, anche ciclo-pedonale, va in subbuglio.
Chi non è ancora abituato e a conoscenza delle ultime norme, vedi mancanza in città per lungo tempo, si potrebbe ritrovare a svoltare con una certa sicurezza da Viale Leopardi per entrare in piazza, abituato alla vecchia viabilità. Di conseguenza incapperebbe in una inchiodata di freni davanti al divieto e inversione rimediata in mezzo al traffico delle ore di punta.
Se non bastasse tutto ciò ecco allora anche i lavori di riqualificazione dei giardini catalani.
Qui il marciapiede di contorno era stato rinnovato recentemente dopo anni di cedimenti e usura. Non si poteva dunque attendere un pochino ancora i nuovi lavori generali. Bisognava assolutamente fare un battuto d’asfalto da distruggere poi qualche mese più tardi una seconda volta.
Per la realizzazione di questa serie di opere è stato ovviamente necessario ricoprire tutta l’area con classiche transenne cantieristiche, dall’angolo del teatro di Via Pisacane all’entrata di Piazza Saffi. Senza accennare poi nulla al parziale abbattimento dei pini secolari per ridare luce alle mura storiche.
Non fosse ancora sufficiente ecco l’arguzia, il colpo d’ingegno nostrano, quel pizzico di insana iniziativa che rende la mente italiana famosa in tutto il mondo.
Nella oramai già tetra imboccatura di Piazza Saffi, qualcuno ha ben pensato di porre pure sui parapetti dei lavori il tabellone degli annunci funebri che era lungo Viale Leopardi.
Ora il quadretto è veramente idilliaco. Provare per credere!
Scattare una foto di Piazza Saffi da Largo Puccini ed inviarla agli amici con scritto: saluti da Senigallia.
Mi trovavo a circa dodicimila chilometri di distanza dalla Spiaggia di Velluto lo scorso febbraio, quando all’improvviso mi sono accorto di una serie di coincidenze, ironia della sorte, troppo lontane dalla semplice casualità.
Avendo come unico strumento di contatto con il mondo esterno un computer affittato ad ore ed una connessione ad Internet, quotidianamente dedicavo un pochino della mia giornata anche alla ricerca di notizie sugli eventi legati ai miei luoghi, offerte ovviamente dai giornali on-line.
In alcuni casi mi permettevo pure di entrare nei dibattiti con la formula del commento prevista proprio su questo genere di quotidiani cittadini.
Il giorno ventitre febbraio, per esempio, leggendo un comunicato stampa di Enrico Rimini e Alessandro Cicconi Massi, consiglieri PDL, circa le interrogazioni presentate in consiglio sui dubbi legati all’ennesima nuova viabilità e relativi divieti imposti, mi domandavo postando una nota in fondo se a guidare le attività dell’intero gruppo fossero solo due persone e perché non comparissero mai altri eletti neppure una volta l’anno con un semplice pensiero sulla città.
Mi riferivo specialmente a quel rappresentante con più preferenze in assoluto ottenute nell’ultima tornata elettorale: Gabriele Cameruccio.
Ecco allora che il giorno due marzo, prima uscita pubblica del partito successiva al fatto, veniva indetta una conferenza stampa del Popolo della Libertà con proprio il consigliere Cameruccio al centro del tavolo dei relatori che spiegava le ragioni del no e le proposte del suo gruppo, che nel frattempo rimaneva silenzioso ai lati.
Il nove marzo il consigliere Mario Fiore di Vivi Senigallia, interveniva ancora sulla stampa su una comune scazzottata avvenuta all’esterno della nota discoteca Mamamia, come se dalla notte dei tempi, fuori dai locali di tutto il mondo non fosse mai accaduto un avvenimento di tale portata.
L’articolo autoredatto e alquanto vago si presentava infatti con il seguente interrogativo: “perché succedono questi fatti?”
Un commentatore misterioso si domandava allora circa l’utilità e le potenzialità del ruolo del consigliere comunale in tali situazioni: se tentare di risolvere qualche problema o adagiarsi a scrivere vuoti comunicati. Ed io replicavo dalla Bolivia al commentatore affermando che il consigliere comunale o politico cittadino dovrebbe coinvolgere i colleghi e convocare i gestori delle attività in questione per intraprendere una conversazione anche informale individuando cause ed eventuali rimedi.
Stessa cosa avrebbe potuto fare un’amministrazione comunale anche per mezzo dei suoi assessori.
Coglievo anche l’occasione per criticare l’apparizione quasi quotidiana sui giornali di una certa parte di politica senigalliese con articoli sterili ed incomprensibili atti solamente a creare visibilità per il soggetto di turno, nonchè la pessima scelta del nome, la mancanza di basi e l’infruttuosità del programma comunale Sballo Positivo per un tentativo di recupero giovanile.
E appena due giorni più tardi, riecco Fiore sulla stampa locale: “In seguito all’intervento (quale? il mio?) ho avuto modo di discutere con tante persone che mi hanno contattato seriamente sul problema che ha caratterizzato la chiusura del Mamamia di Senigallia. Il mio intervento era incentrato proprio nel sollevare la questione e far partecipare il più possibile la gente su un problema che corre il rischio di essere solamente sottovalutato. (…) Ho potuto constatare diversi punti di vista. Infatti il ruolo di ogni consigliere di maggioranza è proprio quello di far crescere la città insieme all’Amministrazione, portando al centro dell’attenzione le difficoltà per poter muoversi all’interno delle istituzioni e cercare di risolverle, con l’aiuto di tutti e con il dialogo. (…) A tal proposito ecco alcune proposte che si potrebbero mettere in campo per risolvere il problema o quanto meno arginarlo. Occorre per principio partire con una campagna di sensibilizzazione e informazione nei giovani, (…) è opportuno mettere regole più rigide per i locali e discoteche, (…) creare un dialogo formativo con i gestori in modo da poter rendere più sicuri questi luoghi, (…) cercare di coinvolgere il più possibile i giovani con spettacoli, concerti e altre iniziative create magari da loro stessi in collaborazione con il Comune. Proprio quest’ultima cosa è il principio di “Sballo positivo” che, in collaborazione con i vigili, cerca di sensibilizzare i giovani rendendoli partecipi verso iniziative positive. Proprio in questo ambito l’iniziativa, promossa dall’Assessore Campanile, sta dando i suoi frutti. E’ opportuno affrontare il problema dalla base (…)”
Rientrato invece in Italia da poche ore, tentavo di partecipare su suggerimento di un amico alla famosa “selezione per un esperto in accoglienza turistica” indetta dal Comune. La presentazione delle domande di partecipazione scadeva il giorno dieci. Essendo stato avvisato all’ultimo momento, visionavo il bando in estremo ritardo nella notte tra il giorno nove e dieci e mi accorgevo che le richieste incluse erano piuttosto strane: lauree in legge, economia, scienze politiche, esperienze nel settore turistico assolutamente facoltative e non indispensabili, scelta e nomina diretta del sindaco da una rosa di nomi estrapolati dai curricula presentati, assenza di prove o esami, colloqui conoscitivi assolutamente facoltativi. Il giorno dieci chiedevo allora un parere all’avvocato Roberto Paradisi, sia in qualità di legale, sia in qualità di consigliere, sia in qualità di politico cittadino che da sempre si distingue nella trattazione di casi simili.
Dopo l’uscita pubblica e solitaria di Paradisi sul caso ecco l’improvviso risveglio dalla sonnolenza di quasi tutti gli altri dell’opposizione, fatta eccezione dei soliti tre, quattro, che trovandosi in uno stato di coma irreversibile, persino in campagna elettorale, continuano a non dare segni di vita.
Ecco allora seguire Rimini sulla vicenda, poi Rebecchini, Mancini, Battisti, poi Marcantoni e Pazzani, uniti in un secondo momento a Paradisi, poi ancora Mancini, Battisti, Rebecchini.
Insomma, prima del mio rientro dall’estero nessuno si era accorto di un bando pubblico alquanto strano.
Nessuno dalla politica.
Nessuno dalla città.
Nemmeno i partecipanti stessi alla selezione.
La maggioranza non la citiamo neppure. Potrebbe essere sostituita direttamente da pupazzi di gomma.
Ricordate i vagoni bagagliaio agganciati ai treni viaggiatori presenti sino alla fine degli anni novanta? O i carri frigorifero in circolazione sino a quella degli ottanta? Allora teneteli bene a mente… Se invece siete troppo giovani o vi sfuggono dalla memoria date un’occhiata alle immagini… Associandoli a qualche piccolo esempio scoprirete perché un’intera nazione è oramai ad un vicolo cieco sicuro.
In una giornata qualunque all’epoca della cosiddetta Prima Repubblica, in sosta presso una qualsiasi stazione di una linea ferroviaria primaria, potevate scorgere un via vai di carri merci, treni passeggeri completi, personale dalle mansioni più disparate al lavoro, manovre, attività varie, traffico intenso.
Potevate, con un pò di attenzione, osservare che nessun convoglio viaggiatori era sprovvisto di un vagone essenziale: il bagagliaio.
Bastava poco per accorgersi che alla fermata di ogni treno di qualsiasi categoria, si aprivano le tipiche saracinesche o le porte scorrevoli di questa carrozza e spuntava un incaricato delle Poste che si preoccupava di ritirare la corrispondenza pronta a terra e caricare quella del posto. Contemporaneamente, nella pensilina prima di ogni arrivo si preparavano i carrelli con i sacchi, i pacchi, i carichi, ed un altro "postino" attendeva l’arrivo dei suoi colleghi per il rituale scambio. Il personale di bordo durante il viaggio si attivava invece per smistarla e comporre le tipiche bisacce di iuta da gettare ad ogni stazione con il contenuto del luogo o dell’immediato comprensorio vicino. Il costo del servizio era bassissimo e il risultato poteva essere efficientissimo. Una cartolina spedita da Taranto in una giornata riusciva ad arrivare a Piacenza per frutto di questo semplicissimo gioco di scambi sull’ordinario trasporto ferroviario che comunque sarebbe avvenuto. Utilizzare un mezzo agganciato al seguito di un espresso che attraversava tutta la penisola o ad un locale che collegava appena due province, non solamente batteva ogni concorrenza di prezzo nel rapporto quantità per chilometro percorso, ma garantiva la grande copertura del territorio ed la movimentazione più pulita possibile in termini d’impatto ambientale.
Così andava sino all’avvento del nuovo millennio…
I più anziani poi ricorderanno senza meno i lunghi convogli di derrate alimentari. C’era una volta il "treno delle mozzarelle" che partiva quotidianamente dalla Puglia e raggiungeva il settentrione dove poi il suo carico veniva smistato su altri rotabili o automezzi. C’era a Firenze addirittura un locale proveniente da Lucca che oltre a portare i primi passeggeri ogni mattina nel capoluogo toscano scaricava pure il pane caldo e i formaggi provenienti dalla Garfagnana. C’erano una volta i "merci" caricati a tranci di bovini macellati. Al sud si riempivano persino di pesce. Non mancavano frutta, verdura, granaglie, vino. E più si retrocede nel tempo e più si scopre che si trasportava davvero ogni sorta di materiale. I carri frigorifero erano perfettamente isolati termicamente con vari strati di materiale spicciolo disponile all’epoca. Sui lati erano presenti le portelle per il carico del ghiaccio secco. All’interno erano dotati persino di ventole per distribuire meglio il freddo azionate dalla corrente fornita dagli alternatori presenti sulle boccole delle ruote. Più il mezzo si muoveva, più elettricità produceva e immagazzinava. Dai racconti dei ferrovieri oramai pensionati i ricordi dei vani ancora freschi in pieno sole di agosto dopo ore dalla fine del viaggio e dallo scarico. Tutto senza il minimo spreco e senza la combustione di una sola goccia di carburante.
Inutile dire che ciò rappresentava un’altra era…dunque non può che essere considerato per forza come arretrato…Di fronte alla valanga odierna di tecnologia "utile" del nuovo millennio come telefonini che ti regolano la vita, autovetture che parcheggiano da sole, lavatrici che fanno il bucato senza nessuno a casa, il funzionamento di tali vagoni sarebbe praticamente "ridicolo".
E infatti sapete che fine ha fatto tutto ciò??
Completamente distrutto. Interamente demolito. Totalmente dissolto.
Una fetta del parco rotabili ferroviari dello Stato è svanita nel nulla e un completo assortimento di servizi sono stati smantellati. Una corsa contro il tempo senza pari per far scomparire dalla circolazione questi mezzi che davano troppo fastidio, anzi, forse rappresentavano un pericolo pubblico, a giudicare dalla violenta furia con la quale sono stati fatti fuori in massa. Per compiere questa bella trovata probabilmente a favore di chi avrebbe dovuto produrre automezzi, motori, pneumatici, componenti, ricambi, carburanti e gestire trasporti, infrastrutture, forza lavoro, sono state incaricate ulteriori mani, braccia, gambe, teste, ovviamente a pagamento per l’opera di alienazione. Qualcuna di queste teste, magari nella confusione delle fiamme ossidriche, delle mole, delle trance, ha ben pensato di portarsi a casa alcuni souvenirs evitandoli alle fonderie. Articoli oggi, rari e non, in vendita per i collezionisti del genere nei mercatini dei rigattieri o nei grandi siti d’aste on-line a centinaia di euro.
Di conseguenza, oggi la posta italiana viaggia solo ed esclusivamente su gomma o per via aerea. Per far ciò non solamente è stato necessario istituire una nuova organizzazione aziendale che ha comportato la ricostruzione dell’intero apparato con nuovi centri di produzione e smistamento, nuovi immobili e nuove infrastrutture, nuovi autocarri, nuovi aerei, nuovi mezzi, nuovi contratti a terzi, ma ha provocato un consumo mai visto di carburanti. E continua a farlo. Ragion per cui quando si entra adesso in un ufficio postale sembra di trovarsi in una gioielleria. I prezzi dei prodotti, da corrispondenza e non, aumentano a dismisura; la scelta è limitata; e quelli rimasti più economici hanno regole talmente restrittive in modo da costringere l’utenza ad optare per quelli più costosi. E’ sparito il pacco postale. Da un decennio oramai tutta la corrispondenza che supera i cinque centimetri di spessore o i due chilogrammi di peso viene gestita da un corriere privato nazionale che pare abbia un contratto perpetuo secondo criteri sconosciuti e che impone di utilizzare metodi di spedizione a tariffe uniche fino a trenta chili quando magari ne devi spedire solo tre. Ovviamente ogni anno aumentano le tariffe di un Euro. E’ sparita la posta ordinaria. A dire il vero sarebbe rimasta ma ora viene chiamata solo "prioritaria" probabilmente perché così fa più scena, intrisa di una velocità apparente. Perchè tale servizio, che in altri paesi consente di ricevere una lettera in un solo giorno in tutto il territorio nazionale, non è affatto garantito in Italia. Ma il paradosso totale si ha praticamente di fronte alla consultazione dei tariffari. Un oggetto non troppo voluminoso costa meno spedirlo all’estero che a due province di distanza.
Stesso esempio potrebbe essere copiato e adottato per il trasporto di quasi tutte le merci, ma soprattutto di quelle alimentari. Le mozzarelle fresche arrivano adesso al nord grazie a Pino, Salvo e il loro Tir, due pugliesi col rimorchio che ogni mattina si fermano a fare colazione nella stazione di servizio Esino-est portando a Milano i bocconcini prodotti durante la notte a Bari con il latte che hanno trasferito a sud la sera prima proprio dalla Lombardia. Un esempio come decine di migliaia.
Ma se oltre trent’anni fa un solo treno a trazione elettrica con una ventina di carri riusciva a movimentare il corrispettivo di circa venticinque autoarticolati di oggi ad una spesa minima e con un impatto ambientale praticamente nullo, a quanto ammontano i costi del metodo di trasporto attuale?? Quali sono oggi le ripercussioni sul mercato?? Qual’è il prezzo da pagare in ogni campo??
Se vi aspettavate pareri, magari rassicuranti, sul futuro del paese è presto fatto…
Come volevasi dimostrare, ecco perché le famiglie hanno i carrelli del supermercato sempre più vuoti. Ecco perché con questo sistema il normale ricircolo della ricchezza non potrà mai più riprendere. Ecco perché non vale neppure la pena programmare per i prossimi dieci o venti anni. Un vero e proprio strangolamento dell’economia di una nazione intera che oggi si ritrova braccata dal prezzo delle fonti energetiche esauribili di cui non ne è mai stata produttrice, dal mancato decollo delle fonti rinnovabili e pulite, dalla cappa di inquinamento atmosferico sempre crescente, dai disastri naturali individuabili negli squilibri climatici provocati dallo stesso, dai giochi, scherzi e scherzetti finanziari delle borse internazionali, da un esercito di nuovi poveri che crescono sempre più, dalla necessità di intervenire sostenendo tutti i settori oramai in ginocchio. E dulcis in fundo: dagli imprevisti di ogni genere…
Ma niente paura… qualcuno è assolutamente convinto di aver trovato già le giuste soluzioni alle suddette problematiche: terza o quarta corsia in autostrada e arretramento della ferrovia, sempre più fastidiosa. Contemporaneamente, nessuno a tutt’oggi pare si sia interrogato sulle identità dei responsabili di queste scelte. Perché non c’è che dire… chiunque sia stato merita un lungo applauso… oltre ai premi economici e ai riconoscimenti di Stato.
Fonti:
-servizi ed indagini esclusive
-interviste varie
-siti web
-stampa on-line e cartacea
Foto coda autostrada da www.ImpresaVda.blogspot.com
Foto manifestazione popolare di Letizia Tassinari
www.laetitiatassinari.wordpress.com
Ringraziamenti a Emiliano Maldini di www.immaginiferroviarie.come Marco Nattan diwww.trenomania.org per la concessione delle immagini ferroviarie di loro dominio.
"Non intendo esprimermi assolutamente sulla connotazione politica che ha assunto la vicenda con l'intervento di quasi tutta l'opposizione, rinvigorita dopo un apparente periodo di letargo.
Una Vacanza Dimenticabile intervistata da Vivere Senigallia (Sabato 12 Marzo 2011):
"Il bando così strutturato è secondo me riduttivo". Con queste parole Lorenzo Fiorentini, il senigalliese che tramite l'avvocato Paradisi ha sollevato i primi dubbi sul bando emesso dal Comune, commenta con rammarico la vicenda e si chiede. "Forse è ad hoc per qualcosa o per qualcuno?". "
Lascio questo interrogativo" -dichiara il senigalliese che, per diversi anni ha lavorato in strutture ricettive, è stato escluso dai requisiti per partecipare alla selezione indetta dall’Amministrazione comunale per assumere un esperto in accoglienza e promozione turistica a tempo determinato. "Dopo 7 anni di receptions e portineria alberghiera -continua Fiorentini- in cui ho accolto numerosissime persone anche ospiti diretti dell'Amministrazione comunale per gli eventi della città, con tanto di dichiarazioni ed attestazioni delle mie competenze inviate proprio al Comune, non sono stato ammesso al bando di concorso".