Non è solo il menu delle scampagnate di questi giorni. Tra i continui inviti a mantenere le tradizioni e a comprare i prodotti tipici locali per allontanare le crisi qualcuno non ce la sta raccontando giusta. Vediamo chi.
Primavera inoltrata di un anno di piena crisi. Le associazioni di categoria, la politica, gli spot mediaci invitano già da tempo a contribuire al sostentamento dell’economia nazionale acquistando, il “Made in Italy”, i prodotti d’artigianato, di nicchia, ecc. Non mancano mai pure i consigli atti spingere i consumatori a far uso solo di prodotti di stagione, tipici, genuini, sottocasa, in parallelo con valanghe di allarmi per tutto quello che è straniero, persino se proveniente da un paese comunitario che rispetta gli accordi presi insieme col nostro.
Allora che può far di meglio un semplice cittadino marchigiano di maggio se non uscire di casa e comprare pizze al formaggio, fava e pecorino nostrani rispettando le tradizioni culinarie e aiutando a mantenere il buon ricircolo dei soldi fra i nostri sani commercianti, i nostri sinceri fornai, i nostri umili contadini e i nostri amabili pecorai. E per rispettare i moniti che vengono dall’alto è norma farlo solo nei negozietti dei centri storici, negli antichi esercizi, nei fori annonari, nei mercati rionali. Guai nei supermercati. Peggio ancora negli hard-discounts o altre distribuzioni.
Tutto bello!
C’è solo un piccolissimo problema: la telenovela dei consigli è ben distante dalla situazione reale del consumatore.
La famosa e deliziosa pizza al formaggio quest’anno si trova in vendita presso panifici, negozi, supermercati a prezzi che oscillano tra i 12,00 e i 18,00 Euro/kg.
In una catena di piccoli market a basso costo, la stessa, di produzione semi-industriale (o artigianale ma in grandi quantità) viene venduta alla misteriosa cifra di 6,20 Euro/kg. persino durante la Settimana Santa.
Immediatamente scattano i dubbi e le reazioni. Come fa un prodotto da panificazione dello stesso genere a costare il doppio o addirittura il triplo di fronte al consumatore???
La prima risposta che qualcuno vorrebbe sentire è ovviamente scontata. La pizza al formaggio da 6,20 Euro è una porcheria piena di schifezze. Una Vacanza Dimenticabile ne ha acquistata una sia per ovvie ragioni nutrizionali, sia per golosità, sia per indagare sul misfatto. L’articolo risulta provenire dalla provincia di Terni, prodotto e confezionato in uno stabilimento in atmosfera modificata. Gli ingredienti pubblicati sull’etichetta sono indice di assoluta genuinità. Viene venduta in singoli pezzi di 500 gr. cadauno a prezzo fisso di 3,10 Euro. All’apertura è freschissima e soffice come appena fatta. Al gusto è delicata con poco pepe e non troppo formaggio. Certo quelle artigianali risultano assai più saporite e ricche di delizia fusa, ma la piccola concorrente economica si guadagna un sicuro: MOLTO BUONA come prodotto e ECCELLENTE per il rapporto qualità/prezzo. Ecco allora che chi ha avuto il piacere di assaggiarla ha incominciato ad ipotizzare un secondo ragionamento: questa è la prova inconfutabile che qualcuno ci vuole continuare a prendere per il didietro in campo alimentare (e non solo), nonostante la crisi, i piagnistei, il bisogno di serietà che più si chiede…Ma vogliamo capire chi è costui o chi sono costoro…E’ forse il mugnaio che aumenta spropositatamente la farina ai fornai nostrani?? E’ forse il contadino che rincara le uova ai fornai nostrani?? E’ forse il pecoraio che fa il furbo sui prezzi dei formaggi con i fornai nostrani?? Allora come fanno a Terni in quel fantomatico stabilimento??
E i dubbi non mancano neppure nella grande distribuzione. Come si fa in ben due grandi ipermercati, consacrati paladini del risparmio, uno che ha il proprio staff di panetteria all’interno, un altro che annovera un contratto di fornitura perpetuo con un panificio locale che lavora solo per la sua catena a chiedere prezzi tali e pressoché uguali (11,70-12,70 Euro/kg)??
Costa più produrre in Umbria e trasportare in giro per l’Italia oppure in panetteria col forno nel retro-bottega??
E’ evidente che nemmeno di fronte alla realtà dei fatti nessuno osa mettere in guardia il paese davanti alla verità. E c’è il rischio reale di trovare situazioni simili in molti altri prodotti, alimenti, generi di consumo.
Di qui a poco milioni di persone saranno costrette a gallette di riso cinesi…
Altro che nostranità…
Primavera inoltrata di un anno di piena crisi. Le associazioni di categoria, la politica, gli spot mediaci invitano già da tempo a contribuire al sostentamento dell’economia nazionale acquistando, il “Made in Italy”, i prodotti d’artigianato, di nicchia, ecc. Non mancano mai pure i consigli atti spingere i consumatori a far uso solo di prodotti di stagione, tipici, genuini, sottocasa, in parallelo con valanghe di allarmi per tutto quello che è straniero, persino se proveniente da un paese comunitario che rispetta gli accordi presi insieme col nostro.
Allora che può far di meglio un semplice cittadino marchigiano di maggio se non uscire di casa e comprare pizze al formaggio, fava e pecorino nostrani rispettando le tradizioni culinarie e aiutando a mantenere il buon ricircolo dei soldi fra i nostri sani commercianti, i nostri sinceri fornai, i nostri umili contadini e i nostri amabili pecorai. E per rispettare i moniti che vengono dall’alto è norma farlo solo nei negozietti dei centri storici, negli antichi esercizi, nei fori annonari, nei mercati rionali. Guai nei supermercati. Peggio ancora negli hard-discounts o altre distribuzioni.
Tutto bello!
C’è solo un piccolissimo problema: la telenovela dei consigli è ben distante dalla situazione reale del consumatore.
La famosa e deliziosa pizza al formaggio quest’anno si trova in vendita presso panifici, negozi, supermercati a prezzi che oscillano tra i 12,00 e i 18,00 Euro/kg.
In una catena di piccoli market a basso costo, la stessa, di produzione semi-industriale (o artigianale ma in grandi quantità) viene venduta alla misteriosa cifra di 6,20 Euro/kg. persino durante la Settimana Santa.
Immediatamente scattano i dubbi e le reazioni. Come fa un prodotto da panificazione dello stesso genere a costare il doppio o addirittura il triplo di fronte al consumatore???
La prima risposta che qualcuno vorrebbe sentire è ovviamente scontata. La pizza al formaggio da 6,20 Euro è una porcheria piena di schifezze. Una Vacanza Dimenticabile ne ha acquistata una sia per ovvie ragioni nutrizionali, sia per golosità, sia per indagare sul misfatto. L’articolo risulta provenire dalla provincia di Terni, prodotto e confezionato in uno stabilimento in atmosfera modificata. Gli ingredienti pubblicati sull’etichetta sono indice di assoluta genuinità. Viene venduta in singoli pezzi di 500 gr. cadauno a prezzo fisso di 3,10 Euro. All’apertura è freschissima e soffice come appena fatta. Al gusto è delicata con poco pepe e non troppo formaggio. Certo quelle artigianali risultano assai più saporite e ricche di delizia fusa, ma la piccola concorrente economica si guadagna un sicuro: MOLTO BUONA come prodotto e ECCELLENTE per il rapporto qualità/prezzo. Ecco allora che chi ha avuto il piacere di assaggiarla ha incominciato ad ipotizzare un secondo ragionamento: questa è la prova inconfutabile che qualcuno ci vuole continuare a prendere per il didietro in campo alimentare (e non solo), nonostante la crisi, i piagnistei, il bisogno di serietà che più si chiede…Ma vogliamo capire chi è costui o chi sono costoro…E’ forse il mugnaio che aumenta spropositatamente la farina ai fornai nostrani?? E’ forse il contadino che rincara le uova ai fornai nostrani?? E’ forse il pecoraio che fa il furbo sui prezzi dei formaggi con i fornai nostrani?? Allora come fanno a Terni in quel fantomatico stabilimento??
E i dubbi non mancano neppure nella grande distribuzione. Come si fa in ben due grandi ipermercati, consacrati paladini del risparmio, uno che ha il proprio staff di panetteria all’interno, un altro che annovera un contratto di fornitura perpetuo con un panificio locale che lavora solo per la sua catena a chiedere prezzi tali e pressoché uguali (11,70-12,70 Euro/kg)??
Costa più produrre in Umbria e trasportare in giro per l’Italia oppure in panetteria col forno nel retro-bottega??
E’ evidente che nemmeno di fronte alla realtà dei fatti nessuno osa mettere in guardia il paese davanti alla verità. E c’è il rischio reale di trovare situazioni simili in molti altri prodotti, alimenti, generi di consumo.
Di qui a poco milioni di persone saranno costrette a gallette di riso cinesi…
Altro che nostranità…