Il tradizionale spettacolo pirotecnico di fine stagione è sempre meraviglioso e sorprendente. Per l’occasione si contano decine di migliaia di nasi all’insù e bocche aperte. Ma se fra un numero così elevato di partecipanti volontari e involontari, residenti e turisti, operatori e spettatori, ci fosse almeno una testa capace di comprendere che si tratta di una costosa manifestazione interamente finanziata con soldi pubblici probabilmente a fine serata ne rimarrebbe pure disgustato. Una soluzione per evitare l’annuale salasso c’è. Ma nessuno la vede. O forse fa finta di non vederla, non considerandola proprio.
Assistere almeno una volta alla serata dei fuochi artificiali senigalliesi è un appuntamento al quale nessun residente della provincia o addirittura della regione può mancare. La meraviglia, la popolarità e l’autorevolezza dell’evento sono tali oramai da consentirne la fama persino in tutta la nazione, grazie alla divulgazione dell’esercito di turisti in visita. C’è chi addiritura prenota un breve soggiorno e raggiunge la città da centinaia di chilometri di distanza per poterli ammirare.
Sulla bellezza, sulla magnificenza, sul successo delle presenze proprio non si discute.
Le persone arrivano a decine di migliaia, la città puntualmente s’intasa, i titolari delle attività ricettive fanno affari d’oro.
La vera sorpresa, quella che non tutti sanno di sicuro, però emerge prendendo in considerazione l’aspetto organizzativo.
Sì perché la realizzazione di uno spettacolo di tale calibro, interamente offerto dalle Amministrazioni Comunali che si succedono, costa mediamente ventimila Euro attinti sino all’ultimo spicciolo dalle casse del Municipio. Disponibilità finanziarie ovviamente sempre pronte quando si tratta di eventi top per le vellutate stagioni balneari, difficili da reperire per tutte le altre necessità della comunità. Se ci sono problemi economici a livello locale solitamente si tirano le cinghie e si scongelano per le occasioni con la stampa frasi precotte puntando il dito contro le manovre dei governi nazionali che si insediano.
Diventa allora interessante capire perché un comune debba accollarsi obbligatoriamente e completamente tale onere senza l’aiuto di nessun’altra entità.
Sono oltre settecento le attività ricettive che giovano della serata pirotecnica: più di cento alberghi tutti esauriti, più di cento campings o residences a pieno regime, più di cento ristoranti stracolmi, più di cento bar che scoppiano di gente; più di cento stabilimenti balneari che potrebbero sfuttare il momento anche senza il sole, più di cento attività generiche del centro e dei lungomari che risulterebbero idonee al commercio serale…
Se da ogni sopraccitato esercente arrivasse un modesto contibuto simbolico la spesa sarebbe ben presto coperta e garantita, ed il Comune di Senigallia potrebbe risparmiare il denaro pubblico utile per le priorità cittadine. Basti pensare che un ristoratore potrebbe contribuire con appena cinquanta Euro, l’incasso di tre primi e due secondi, grazie allo straordinario afflusso di clientela che gli regala l’evento. Un bagnino, il più penalizzato della categoria delle attività commerciali potrebbe farlo devolvendo l’affitto di una sdraio ed un ombrellone, appena dieci Euro.
Ma a tutt’oggi nessuno pare si sia accorto di questa possibilità. Silenzio totale.
Nessuno osa puntare il dito verso questo inutile spreco proponendo alternative per mantenere l’evento. Nessuno dalla politica di maggioranza, né da quella di opposizione (ben quattro coalizioni avversarie alle ultime elezioni) si fa carico di una ventata di novità nello stagnante modo di fare. Nessuno dalle capricciose associazioni di categoria sembra avere il coraggio di avanzare una ipotesi del genere, con una mano sulla coscienza e l’altra al portafoglio, venendo incontro all’esigenze della città tutta. Poi però puntuali arrivano piogge di lamentele se l’Amministrazione s’azzarda ad allentare la presa della partecipazione organizzativa.
Se una città come Senigallia non riesce a districare un nodo così semplice vuol dire che è destinata a vivere di assistenzialismo e contentini, mai d’intraprendenza ed innovazione.
Finchè le casse lo permettono.