domenica 3 aprile 2011

FUORI PROGRAMMA 34 - 900 milioni di Euro: quando la ricostruzione costa più della prevenzione

Bilancio alluvione marchigiana praticamente certo. Conteggi completati e campanelli romani già suonati. Tutto ciò per non aver tenuto sotto controllo quattro, cinque fiumi di modesta grandezza, torrentelli e fossi vicinali. E per aver lasciato costruire dove magari era meglio evitare. Quando Regione, Province e Comuni si occupano di grandi eventi scenici e opere faraoniche. Ma perdono l’amministrazione spicciola del proprio territorio.


Dopo la lunga lista delle tragedie naturali avvenute in quasi tutte le regioni d’Italia in questo ultimo decennio stavolta è toccata alle Marche.
Ciò ha ovviamente dimostrato ipotesi largamente paventate e le ha trasformate in teorie: che nessun territorio della penisola è immune dai disastri ambientali e che è evidente un certo lassismo nell’amministrazione materiale delle aree locali, sono oramai prove certe.
Per affermare ciò non necessitano studi particolari: è sufficiente seguire la stampa e osservare con attenzione intorno a se stessi durante la quotidianità di tutti i giorni.
Scelte, impegni, sforzi e politiche ben distanti dalle esigenze della popolazione residente e marcato disinteresse per il miglioramento della vita giornaliera della gente comune.
Una sindrome che colpisce davvero tutte le amministrazioni locali, di ogni colore e bandiera, di ogni livello e grado e le porta ad adoperarsi per ogni altra cosa meno quelle assolutamente necessarie.
A sovrintendere sopra tutto e tutti dopo il governo nazionale ci sarebbero le regioni come quella delle Marche. In realtà, grandi spot pubblicitari a parte, sembra neppure esista. Per lo meno così la percepisce il cittadino comune che si sveglia alle sette tutti i giorni per essere sul posto di lavoro alle otto.
Nessun progetto certo per la difesa integrale della costa e del sistema fluviale regionale.
Poi però in questi anni sono piovute e già state spese decine e decine di milioni di Euro per allargare e rimodernare tutti i porticcioli marchigiani già esistenti. Come se il teatro di tutti i trasporti marittimi adriatici dovesse accadere solo da Pesaro a San Benedetto del Tronto. E nel frattempo decine di chilometri di spiagge libere scompaiono nel nulla ogni anno che passa.
Opere idilliache, come l’aeroporto di Falconara dove sono state consumate grandi risorse economiche per allargare esageratamente una struttura esistente quando il mercato dei voli e delle rotte era già stato spartito dagli altri scali vicini. Terminals giganteschi, parcheggi nuovi ogni dove e persino un lussuoso albergo in costruzione praticamente adiacente. Per mantenere brillante la magnificente impresa sono stati addirittura cacciati con una miriade di divieti stradali i radi appassionati che passavano qualche pomeriggio ad osservare silenziosamente i velivoli dall’esterno.
La conseguenza è stata palese.
Spazi enormi vuoti, piazzali e piste spoglie, operazioni di volo quasi come vent’anni fa.
Per la smania di rappresentare l’immagine di una regione compatta, forte, nuova, da dimostrare al mondo lo scalo aereo è stato persino ribattezzato. Probabilmente Raffaello Sanzio non era sufficientemente autorevole per rappresentare il rinnovato e grande hub de’noaltri e allora è stato nominato “Aeroporto delle Marche”. Poi però, capita poco dopo, che un’intera vallata di sette comuni dell’interno pesarese decide in un solo fine settimana di passare all’Emilia Romagna con un referendum perché non si sentono marchigiani oppure che la provincia di Fermo sarebbe disposta a difendere il suo neonato ente persino con i denti e contro tutti, quando non avrebbe neppure ragione esistere. Guarda caso, la maggior parte dei danni alluvionali di questa occasione si sono verificati proprio lì, dove ora esiste un ulteriore organismo atto a governare il territorio. Dopo le venti, se non ci sono voli in ritardo o charter estivi, giù le saracinesche degli esercizi e dei servizi. Può capitare di arrivare con il volo da Roma alle ventidue e trenta in una serata di pieno inverno con temperature polari, vento e pioggia. Il terminal è spoglio. Ad attendere i passeggeri un paio di scarica-valige e un finanziere per i controlli di rito. E varcata la soglia della zona voli vuoto quasi assoluto a parte una quarantina di passeggeri appena arrivati e abbandonati a se stessi che si aggrappano al cellulare. Può succedere infatti che fuori il terminal non sia presente né un autobus, né un treno, né un taxi. L’unico rimedio, se sei fortunato e del posto, è rintracciare amici o parenti. Ma se diluvia non possono comunque avvicinarsi all’edificio con l’auto per caricare i bagagli poiché una sbarra impedisce l’accesso ai privati. E paradossalmente non lo possono fare nemmeno di notte quando l’aeroporto è praticamente vuoto e assente da ogni traffico. La politica scansa abilmente da anni questo insuccesso. Neppure l’opposizione sembra conoscerlo. Intanto denaro a fiumi continua ad essere investito in opere inutili. Giorni fa il governatore si è appellato al buonsenso del Ministro dell’Interno affinchè comprenda tutti i cicli di votazioni della primavera duemilaundici in una sola giornata elettorale per risparmiare quei fatidici trecentocinquantamilioni di Euro utili per le zone alluvionate marchigiane. E il governo a tutt’oggi fa orecchie da mercante.
Province sempre in pompa magna sugli organi di stampa quando si tratta di convegni, meetings, seminari, commemorazioni nazionali ed internazionali, ma lontane anni luce da esigenze della cittadinanza. Per non definirle assolutamente inutili.
Non mancano mai a presenziare i tavoli dei relatori, le celebrazioni, le inaugurazioni. Patrocinano di tutto: dall’imprenditoria al teatro, dai tirocini formativi alle opere pubbliche realizzate interamente da altri. Il residente sente la presenza di tale istituzione solo quando vede rattoppare dopo anni d’attesa il manto della vicina strada dove abita, che attraversando vari comuni viene definita pertanto “provinciale” ed è di competenza dell’ente, oppure quando deve richiedere l’autorizzazione al passo carrabile se si affaccia col cancello di casa su una via del genere.
Sono eventualmente utili da sfruttare se offrono qualcosa in regalo: un corso gratuito pagato dal Fondo Sociale Europeo, un sostegno a qualche ristrettissima categoria femminile in stato di gravidanza, un portachiavi o una penna dei Centri per l’Impiego.
Ogni tanto può capitare di vedere in giro una autovettura del proprio corpo di polizia (Polizia Provinciale) che vigila il territorio.
Memorabile fu la risposta di un amministratore di tale ente quando, chiamato in causa dal sindaco di un comune del comprensorio che si vide perdere la spiaggia dall’erosione nel giro di poche ore, rispose che la sua istituzione non era competente al caso se non per transennare la strada del lungomare che franava in acqua. Poi, pochi mesi più tardi il suo presidente interveniva all’inaugurazione di un porto dei sopraccitati a otto chilometri di distanza, riconoscendo l’impegno della sua amministrazione nella realizzazione dell’infrastruttura.
I comuni sono certamente un altro gruppo che si dichiarano esenti da responsabilità in caso di eventi disastrosi del genere. Anche quando autorizzano a edificare per la fame d’interessi in aree dove sarebbe meglio evitare. Oppure tralasciano come tutti gli altri enti il mero governo del territorio per discutere di proposte abbaglianti e incredibili. Nel comprensorio anconetano Senigallia è diventata oramai ben nota per la sua messa a progetto di una serie di opere cinematografiche. Approvate con l’imbuto in meno di tre anni e con dibattiti minimi spesso a decisioni già prese, non hanno ancora nemmeno dato tempo alla cittadinanza di comprendere di che cosa si stia parlando. Porti nuovi (grazie a quelle disposizioni regionali), alberghi a cinque stelle, superstrade, modifiche alla fisionomia dello storico lungomare, nuova viabilità generale, nuovi piani particolareggiati del centro storico, nuovi quartieri edificati, patinate resorts, grandi identità storiche e sociali rimosse o distrutte, nuove demolizioni e nuove costruzioni. Un giro di finanze sul campo senza pari per la Spiaggia di Velluto. E dopo anni di impegni per realizzare solamente scenografie holliwoodiane ora ci si accorge che cedono le condutture sotterranee delle vie del centro e si aprono buchi a cielo aperto sul manto stradale. Quando capita l’alluvione, invece, il giorno dopo spuntano cittadini residenti danneggiati che si domandano perché torrenti e fossi vicino casa da anni sono abbandonati a se stessi. Ecco allora che alle polemiche legate alla mancanza di manutenzione dei corsi d’acqua sul territorio il Comune di Senigallia risponde precisando che i fiumi sono di esclusiva competenza dell’“Unità di Bacino”.
E’ proprio il caso di dirlo: prove tecniche di federalismo.